La solitudine del programmatore
- Gennaio 08, 2010
- by
- Donatantonio
Ieri dopo una nuova collocazione nell’organigramma aziendale, meditavo sul mio lavoro di programmatore, mi piace e mi sento profondamente soddisfatto…
Ho iniziato a programmare all’età di 14 anni e poi a scuola, all’università, nel tempo libero e oggi per guadagnarmi da vivere. Infondo se ci penso sono ben 12 anni e quindi al momento quasi metà della mia vita… passata davanti ad un computer, prima con il caro vecchio Pascal, poi con l’odiato Assembly, poi il liberatorio linguaggio C, fino all’amato Java, al compagno PHP e al simpatico Javascript…
Tutti lì, protagonisti di ogni mia giornata.
Se torno indietro con il pensiero riesco a ricordare il primo programmino scritto su di un vecchio banco di scuola che non finiva di traballare… il primo computer tutto mio sul quale non smettevo di testare quegli assurdi codici assembly… alle aule di laboratorio oscurate da infinite serie di tendine… alle sale studio alla disperata ricerca di una presa di corrente per il portatile… alla scrivania di casa dove trovavano posto solo mozziconi di sigarette e manuali di Java…
Per molte persone lo scandire del tempo è segnato dal ricordo degli amori passati, delle auto acquistate o dei viaggi fatti… mentre per me è segnato dai programmi creati e dai PC sostituiti…
Si è così, nel bene e nel male o giusto o sbagliato che sia…
E oggi ripercorrendo questi 12 anni mi accorgo che intorno a me c’erano solo computer o amici circondati da altri computer… e oggi computer e colleghi circondati da altri computer…
E’ questo il problema, un programmatore può avere un ottima vita sociale, fidanzate, amici come se piovesse e agende fitte di impegni… nonostante ciò è solo.
Un programmatore vive della solitudine che il suo stesso lavoro gli crea attorno. Perso tra linee di codice, tra script che “non girano”, funzioni dimenticate e query irrisolte… si trova in solitudine e nel suo silenzio non riesce a staccare… Perchè un vero programmatore smette solo se risolve, conclude quando il loop è risolto o quando il valore random rientra nel range desiderato… Un programmatore nella sua solitudine chiama un collega in piena notte per informarlo che “la funzione di controllo ha iniziato a controllare…” o che “il programma della contabilità sta ancora calcolando…”… nella solitudine trascorre la sua vita lavorativa… A volte non parla per ore, solo il rumore di una tastiera colpita sempre con più veemenza… fino al momento in cui apre bocca alla ricerca di caffè, di una sigaretta… o per chiedere ad un collega “Come va…. la funzione?” o a volte per imprecare…
Attenzione però a considerare la solitudine del programmatore come una malattia o un danno vitale, difatti la verità è che io, così come tanti altri siamo immersi profondamente e in maniera positiva in questa situazione esistenziale… la sfida, la battaglia nel dominare il programma o la macchina ci rende soddisfatti e se vogliamo felici quando si raggiungono gli obiettivi… Un programmatore è felice e realizzato quando vede nascere una sua creatura, un’idea elaborata da tempo… e non importa che questa abbia comportato infiniti momenti di solitudine e ipertensione.
Mi piace concludere sottolineando che ciò che muove un programmatore è un’infinita passione per il suo lavoro e una voglia irrefrenabile di creare e far nascere il programma che per un pò lo liberi dalla sua solitudine lavorativa..
Infine una simpatica citazione : “Dopo le 3 del mattino, due sole categorie di persone sono al lavoro: le prostitute e i programmatori”.